2.3.15

Massimo Bossetti e la prova "inconfutabile" del DNA


    Se si va sul sito dell'Agenzia Nazionale Stampa Associata, comunemente conosciuta con l'acronimo di ANSA, la prima Agenzia di Informazione Multimediale in Italia, nonché la quinta al Mondo, in queste ore, si potranno leggere due articoli che, il caso ha voluto, siano uno di seguito all'altro.

 


    La prima notizia ci riporta all'omicidio di Yara Gambirasio ed alla certezza scientifica ormai assunta di risalire al killer tramite la prova del DNA, in questo caso rinvenuto sugli slip e sui leggins della vittima; fin qui nulla di nuovo se non fosse che la notizia successiva fa apparire la "certezza scientifica" un pò meno certa di come viene rappresentata nell'immaginario collettivo creato ad hoc dal mainstream.

    Eugenio Gaudio, Rettore dell'Università di Roma "La Sapienza", Ateneo che nel 2010 è risultato essere il più grande d'Europa [1], ha deciso di chiudere, per ragioni igieniche e sanitarie, l'Istituto di Medicina Legale.
Tra le note che spiegano le motivazioni legate a tale decisione, si legge che "la chiusura è stata necessaria per prevenire l'insorgere di questioni legate ai risultati delle autopsie che in futuro avrebbero rischiato di essere inattendibili".
Nell'ispezione dei Nas, avvenuta pochi giorni fa, sarebbero stati rinvenuti resti di cadaveri, le cui salme non sono mai state reclamate, conservati dal 1990 e, cosa ancor più agghiacciante, sembra che la confusione che regna nell'istituto sia tale da poter vedere i cadaveri nei corridoi per mancanza di posti in cui riporli [2]!!

    In un documento datato 12 Agosto 2008, intitolato "The Potential for Error in Forensic DNA Testing", redatto dal "Council for Responsible Genetics" e dalla "GeneWatch UK", si evidenziava come, nel Regno Unito, dal 2001 al 2006, le ricerche effettuate nelle banche dati di profili del DNA dessero, da dati ufficiali, un risultato ambiguo del 27,6%, con innumerevoli casi di persone arrestate per sbaglio sulla base del solo test del DNA [3].
"Alla metà degli anni Ottanta, il Mondo intero fu attanagliato da un terrore collettivo, iniziato ed alimentato dalle forze dell'ordine e dai media. Se si fosse creduto al gran parlare che se ne fece, ad ogni angolo ci si sarebbe scontrati con un mostro che stava lì appostato, aspettando di distruggere la vita di qualcun altro.

[...] Presunti esperti e scrittori, emersi dal nulla, non esitarono a cavalcare questa onda di isteria, i primi scrivendo libretti "usa e getta" che raccontavano storie di criminali realmente accadute, i secondi partorendo ipotesi e teorie alquanto dubbie. Le forze dell'ordine ed il mondo accademico non potevano non seguire il richiamo di questo affare gigantesco.

Poi l'enfasi si spostò sulla conta dei corpi delle persone uccise. I pochi pluriomicidi già arrestati, videro moltiplicarsi i loro crimini, perché alcune persone traevano guadagno nel gonfiare la loro immagine. Ma in cosa consisteva questo guadagno? Attraverso questa atmosfera di presagio, le forze dell'ordine miravano a giustificare la loro strategia dura; gli accademici, la loro posizione; i politici, la legislazione oppressiva che avevano messo in atto.

Affinché la gente accettasse tutto ciò, avevano bisogno solo di una faccia nuova da mostrar loro.

Fu prescelta quella [...] giusta per il poster del serial killer."
[4].


Note e Fonti:
[1] www.uniroma1.it
[2] www.ansa.it
[3] http://www.wired.it/
[4] "Come si inventa un serial killer - Il caso Henry", di Brad Shellady, scritto per "Tutto quello che sai è falso - Manuale dei segreti e delle bugie", a cura di Russ Kick, 191